Compositore. Nel 1916 la sua famiglia fu costretta a trasferirsi a Graz, dove il giovane D. poté ascoltare opere di Mozart, Weber e Wagner. Dopo la guerra, studiò a Trieste con A. Illersberg; quindi (1922) passò a Firenze, dove continuò gli studi al conservatorio con V. Frazzi e dove, nel 1934, ebbe la cattedra di pianoforte complementare. Proseguiva intanto la sua attività di compositore, iniziata intorno al 1925. Nel periodo 1937-42 il suo linguaggio musicale passò dal libero uso della tonalità all'adozione della dodecafonia, accolta negli anni seguenti in modo sempre più radicale. Dopo la guerra, lasciò spesso Firenze per soggiorni all'estero, dove la sua opera ottenne riconoscimenti sempre più vasti: nel 1951 fu a Tanglewood per un corso di composizione, nel 1956 al Queen's College di New York, nel 1962 all'Università di California a Berkeley, nel 1967 nell'Università del Michigan. Dopo una serie di lavori vocali del 1925-30, quasi tutti inediti e ispirati per lo più all'ambiente nativo, D. si fece conoscere nel 1933 con la Partita per orchestra e soprano; nello stesso anno iniziò la composizione, terminata nel 1936, dei Cori di Michelangelo Buonarroti il Giovane (ciclo in tre serie: per coro a cappella, per coro e 17 strumenti, per coro e grande orchestra), che lo pone in prima linea nella rinascita moderna dell'arte madrigalistica italiana. Dopo 3 Studi (1932) e Rapsodia (1933) per voce e orchestra da camera, Divertimento in 4 esercizi per soprano e 5 strumenti (1934) e Musica per tre pianoforti (1935), D. raggiunse nelle Tre laudi (1937) per voce acuta e orchestra da camera una prima felice fusione fra elementi diatonici e dodecafonici. Molto materiale musicale di questo lavoro passò nella prima composizione teatrale Volo di notte (1940), tratta da un racconto di Saint-Exupéry. Profondamente sensibile al significato degli avvenimenti storico-politici, all'inizio della campagna razziale D. scrisse i Canti di prigionia per voci miste e strumenti (1938-41). Sempre del 1941 è il Piccolo concerto per Muriel Couvreux per pianoforte e orchestra da camera; dell'anno seguente sono il balletto Marsia, la Sonatina canonica per pianoforte e le stupende Liriche greche (5 frammenti di Saffo) per voce e strumenti. È questa una delle più felici e dense stagioni creative di D.: a essa risalgono anche Sex Carmina Alcaei (Sei Carmi di Alceo, 1943) e Due Liriche di Anacreonte (1945) per voce e strumenti, Ciaccona, Intermezzo e Adagio per violoncello solo (1945), Rencesvals per baritono e pianoforte (1946), Quattro Liriche di A. Machado per soprano e pianoforte (1948; trascritte nel 1964 per soprano e orchestra), Tre Poemi per soprano e orchestra da camera (1949). Nel 1949 portò a termine la sua seconda opera teatrale, Il prigioniero, nella quale ritorna il tema della libertà; la continuità dell'ispirazione e l'immediatezza dell'espressione vi risultano dall'applicazione rigorosa della tecnica dodecafonica. Opera di grande respiro, ispirata al tema della ricerca di Dio, è anche la sacra rappresentazione Job (1950). Negli anni successivi D. compose un piccolo gruppo di lavori strumentali: Tartiniana per violino e orchestra da camera (1951; ad essa si aggiungerà nel 1956 una Tartiniana seconda per il medesimo complesso), Quaderno musicale di Annalibera per pianoforte (1952; nel 1954 trascritto per orchestra come Variazioni), Piccola musica notturna per orchestra (1954). Il ritorno alla voce umana caratterizza alcune delle sue opere più intense ed emozionanti: Goethe-Lieder per mezzosoprano e 3 clarinetti (1953), Canti di liberazione per coro e orchestra (1955), An Mathilde per soprano e orchestra (1955), 5 Canti per baritono e 8 strumenti (1956), Concerto per la notte di Natale dell'anno 1956 per orchestra da camera con soprano (1957), Requiescant per coro e orchestra (1957-58). Seguirono Dialoghi per violoncello e orchestra (1960), Preghiere per baritono e orchestra da camera (1962), Parole di S. Paolo per voce e strumenti (1964). Nel 1968 andò in scena a Berlino Ulisse (un prologo e due atti), opera in cui la figura dell'eroe greco, attraverso un'elaborazione di testi antichi e moderni (da Eschilo e Dante a Pascoli e Thomas Mann), acquista moderno rilievo simbolico come segno di una ricerca che trova compimento e pace soltanto nel divino. Nel 1972 scrisse ancora Commiato per voce di soprano e complesso da camera. A ispirare l'arte di D. è innanzi tutto l'esperienza profonda della libertà sentita come momento indissociabile dalla «illibertà», ovvero l'esperienza della illibertà sofferta in nome della libertà. Giacché tale è per lui il significato della dodecafonia, incarnato nel rapporto fra l'immagine musicale e la tecnica seriale. Per D. in effetti la tecnica dodecafonica rappresenta l'imperativo supremo, il regno della costrizione, da cui unicamente può liberarsi l'immagine poetica: in virtù della quale, cioè, la libertà poetica, che è insieme morale, acquista realtà e valore.